24 ottobre 2009

Congo : E’ molto più pericoloso essere un civile donna che essere un soldato



Oggi, nelle province orientali della Repubblica Democratica del Congo si riferisce di 1.100 stupri al mese, commessi sia dalle forze di sicurezza che dai gruppi ribelli. Come ha detto un diplomatico USA “E’ molto più pericoloso essere un civile donna che essere un soldato”
Articolo di Nadia Hijab "Abandoning Women and Children"
Nadia Hijab è Senior Fellow (docente anziano) presso l' Institute for Palestine Studies.

Abandoning "Women and Children" By NADIA HIJAB

T he United Nations Security Council has just passed a welcome resolution --U.N. Security Council Resolution 1888 -- that strengthens the international community's ability to tackle sexual violence in wartime. Sexual violence offences have already been included in the founding statute of the International Criminal Court and, as an earlier U.N. resolution reaffirmed, can constitute war crimes, crimes against humanity, or part of a genocidal pattern of conduct.

The issue certainly needs the world's attention. Rape as a weapon of war and the use of other sexual violence has reached horrifying levels. The perpetrators target women, aiming particularly to destabilize communities during and after a war ends. Up to half a million women were raped during the Rwanda genocide and 60,000 in the Balkan conflicts. In Sierra Leone, 64,000 women suffered war-related sexual violence. Today, in the in the eastern provinces of the Democratic Republic of Congo, 1,100 rapes a month are reported, committed by both security forces and rebel groups. As one U.S. diplomat noted, "It is far more dangerous to be a civilian woman than it is to be a soldier."
The importance of these resolutions is not only that they aim to end impunity for such crimes, which have often been swept under the rug in post-conflict negotiations. They also challenge entrenched cultural and traditional values that see sexual assaults as somehow less important than other crimes, even something that women "bring upon themselves."
Unfortunately, as ardent advocates of women's human rights tackle one set of unacceptable cultural practices, they reinforce another. The text of 1888 refers repeatedly to "women and children," as did other reports about the new resolution.
The phrase "women and children" is as problematic in peacetime as it is in wartime.
In peacetime, it reaffirms a patriarchal view still prevalent in most parts of the world -- that women are as helpless as children and that they cannot function without male protection and support. This problematic phrase, often used by well-meaning development organizations, reinforces the neglect of women's actual and potential economic roles. Instead of being integrated into the economic mainstream, women are sidelined into often market-irrelevant activities like handicrafts and sewing.
In wartime, the phrase "women and children" communicates three things: that all men are actual or potential fighters rather than civilians; that men are not in need of protection; and that women have no agency or capacity to act. It is worth examining each of these points separately.
The propensity to treat all men as potential fighters was most recently on display during the Israeli assault on Gaza this winter. At that time, media reports constantly underplayed the number of civilian casualties by focusing on the number of women and children killed. In fact, the total number of civilian dead according to human rights organizations stands at 1,172 unarmed civilians, of which more than half, 719, were men.
And men do actually need protection too. The assumption that they are potential fighters means, for example, that they are more frequently killed on sight or taken prisoner to facing inhuman treatment and conditions. In countries that still have military conscription, young men can be badly brutalized without any recourse or defense. In Armenia, for instance, hazing in the military was so bad that some young men chose suicide as the only way out.
Finally, women not only have the capacity to act, they are, as experts note, often the ones who enable entire communities to survive war and armed conflict. However, their capacity for economic, social, and cultural action has yet to translate into a commensurate role at the political table.
Resolution 1888 is an important step toward taking advantage of women's agency. It highlights those areas where women are particularly targeted in conflict so that these assaults may be appropriately treated as the crimes that they are, bringing an end to impunity. And it reinforces earlier resolutions that sought to ensure women's fair representation in post-conflict peacemaking as well as in peacekeeping operations.
But these important steps should not hide the fact that -- for the sake of women as well as men -- we need to stop using the phrase "women and children." When it is necessary to draw attention to the fact that many of those targeted are girls below 18 -- the formal end of childhood in the international Convention on the Rights of the Child -- then the speaker or writer should simply say so. Otherwise, we are only dealing with part of the problem; we are marginalizing women in development processes; and we are privileging some human rights over others.

13 ottobre 2009

NO A LEGGI REPRESSIVE E RAZZISTE CONTRO LE DONNE MIGRANTI


Lottiamo da decenni insieme alle altre donne contro ogni forma di oppressione di genere sia essa legata alla religione che alle tradizioni patriarcali. In questo senso crediamo che le donne che velano la propria identità e il proprio corpo vivano oggettivamente un’oppressione e che la strada per l’autonomia delle donne nel mondo sia ancora ardua per tutte.

Crediamo che leggi che prevedono l’arresto per le donne con velatura integrale non possano sciogliere il nodo di culture non rispettose della libertà femminile.

L’ispirazione della proposta di legge presentata dalla Lega si muove nell’ambito di una serie di provvedimenti tutti inseriti nella cornice della cosiddetta “sicurezza”. Il crudele accordo con la Libia sui respingimenti e il “pacchetto sicurezza” sono ispirati da una logica repressiva che fa leva sugli egoismi e sulle paure sapientemente indotte da propagande politiche di stampo fascista e razzista o da provvedimenti istituzionali tipo “ autobus adibiti a rastrellamenti di clandestini” o assurde proposte di autobus separati tra italiani e stranieri o il “tetto” di bambini stranieri nelle classi, o i CIE ormai luoghi di sopraffazione e violenza anche per le donne che non possiamo più ignorare, e chi più ne ha più ne metta.

Questa nuova proposta di legge della Lega potrebbe alimentare ulteriori forme di violenza , odio e intolleranza verso chi si presenta “diverso” o “debole” come già avviene. Aggressioni soprattutto ad opera di giovani ispirati da ideologie di stampo fascista/razzista, nei confronti di migranti, gay e lesbiche, anziani, gente emarginata e senza fissa dimora, per non parlare della recrudescenza della violenza contro le donne in genere, sono avvenimenti che sperimentiamo ogni giorno anche personalmente.

Ci preoccupa il degrado culturale e sociale che si sta diffondendo nel nostro Paese, ma soprattutto il consenso diffuso che certi provvedimenti istituzionali e comportamenti quotidiani stanno riscuotendo.

Contro tutto questo sono necessarie l’attenzione e la ribellione personale di ognuna di noi contro ogni forma di sopruso e maltrattamento, la partecipazione alla vita democratica e l’attivazione di uno slancio civile collettivo.

14 ottobre 2009 DONNE IN NERO di BOLOGNA

www.donneinnerobologna.blogspot.com donneinnero.bo@gmail.com

11 ottobre 2009

Le donne della realtà non sono nella disponibilità del Premier


Cartolina dall'Unità.it

Venerdì 9 ottobre 2009
di Donne della realtà dal Paese delle Donne

Lettera aperta a:
ministro della Giustizia Angelino Alfano,
viceministro alle Infrastrutture Roberto Castelli,
presidente dell’Udc Pier Ferdinando Casini,
e ai giornalisti Bruno Vespa e Riccardo Barenghi
Gentili Signori,
vogliamo esprimere il nostro stupore e la nostra indignazione per il silenzio colpevole che è sceso nello studio di Porta a porta, nel corso della trasmissione di mercoledì 7 ottobre, sull’insulto greve e intollerabile rivolto in diretta dal presidente del Consiglio all’onorevole Rosy Bindi come persona prima ancora che come donna.
Siamo un gruppo di giornaliste, convinte che sia necessario riportare sui nostri media un modello di donna più aderente alla realtà, parlare delle italiane che lavorano credendo nei valori dell’impegno e della professionalità, della cultura e dell’intelligenza, e non lasciare che le donne siano rappresentate unicamente come persone che preferiscono puntare sulla propria bellezza e sulla disponibilità dell’uomo potente di turno per fare carriera e ottenere favori. Abbiamo lanciato un appello in questo senso a inizio agosto e lunedì scorso abbiamo tenuto a Milano il primo di una serie di dibattiti sull’argomento che intendiamo proporre in molte altre città.
L’incapacità di indignarsi e di reagire con fermezza da voi dimostrata di fronte a un commento volgare, ingiustificato ed estraneo a corretti rapporti personali, ci ha lasciate davvero esterrefatte. L’indifferenza è il passo ultimo prima dell’accettazione supina di quella cultura priva dei valori di rispetto e considerazione dell’altro, e in particolare delle donne, che noi vogliamo denunciare e combattere.
Le donne della realtà non sono nella disponibilità del Premier né di chiunque pensi di poterle usare a proprio piacimento. Le donne della realtà vivono, lavorano, soffrono, gioiscono, ma prima di tutto esigono rispetto. Da tutti.
Cordiali saluti,
Paola Ciccioli
Francesca Mineo
Cristina Morini
Letizia Mosca
Daniela Stigliano

10 ottobre 2009

La marcia per la pace Perugia-Assisi si trasferisce a Gerusalemme.


"Time for Responsibilities", 10-17 ottobre 2009


Luisa Morgantini parteciperà alla missione di pace per il MO accompagnando gruppi della società civile nei villaggi della resistenza non-violenta di Palestinesi, Israeliani e Internazionali

Roma, 10 ottobre 2009

Si svolgerà da oggi al prossimo 17 ottobre a Gerusalemme, in Israele e nel Territorio Palestinese Occupato la tradizionale marcia per la pace Perugia-Assisi, quest’anno denominata "Time for Responsibilities”.

Organizzata dal Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, la Piattaforma delle Ong italiane per il Medio Oriente e la Tavola della pace, si tratta di una delle più grandi Missioni Italiane di Pace in Medio Oriente, dopo quella di Time for Peace alla fine de 1990 e di Action for Peace nel 2002, a cui hanno aderito oltre 400 italiani tra semplici cittadini, giovani, studenti e insegnanti, sportivi, artisti, giornalisti, amministratori locali e rappresentanti di associazioni, che seguiranno un programma fitto di incontri con rappresentanti della società civile israeliana e palestinese e si muoveranno sul territorio divisi in gruppi.

Luisa Morgantini dell'Associazione per la Pace e già Vice Presidente del Parlamento Europeo parteciperà alla missione e accompagnerà i gruppi nei villaggi di Bil’in, Nil’in e Masara dove Palestinesi, Israeliani e Internazionali sono uniti nella resistenza popolare non violenta contro muro e occupazione.

Domenica 11 ottobre, Luisa Morgantini e parte della missione saranno ad Abud – villaggio noto per i frequenti attacchi da parte dei coloni israeliani ai danni dei contadini palestinesi durante la raccolta delle olive- alla presenza anche del Premier Palestinese Salam Fayyad e di diplomatici internazionali.

Giovedì 15 ottobre a Gerusalemme si svolgerà il grande evento ‘Ricostruiamo la speranza’, una manifestazione-incontro per la pace con i familiari delle vittime palestinesi e israeliane del Parents Circle, associazione che riunisce centinaia di famiglie colpite dal lutto ma che da anni si adoperano per la distruzione della figura del nemico e della vendetta.

"Time for Responsibilities" è la diplomazia dei popoli che si assumono la responsabilità di agire in prima persona per la giustizia e la pace ma anche un modo per far conoscere la realtà quotidiana dell’occupazione. Non potremo recarci a Gaza, ma il nostro totale sostegno va alla popolazione diella Striscia ancora sotto assedio ed il nostro impegno per la fine dell'embargo e il ristabilimento della legalità internazionale con la fine dell'occupazione militare e l'assunzione del rapporto Goldstone da parte del Consiglio di Sicurezza dell' ONU.

"Time for responsabilities" è per ognuno di noi e per i governi del mondo” ha dichiarato Luisa Morgantini, che parteciperà inoltre, insieme a Palestinesi, Israeliani, rappresentanti diplomatici europei e statunitensi ad una conferenza sul ruolo e le responsabilità dell’Europa per una pace giusta in Medio Oriente e per la fine dell’occupazione militare.

Per informazioni, dichiarazioni e testimonianze:

Luisa Morgantini +972 527 251612 (telefono cell. locale) o 0039 348 39 21 465 (cell. Italiano)

9 ottobre 2009

IL LODO ALFANO E’ ILLEGITTIMO

Consideriamo quello della corte Costituzionale un pronunciamento importante che attesta che la nostra Costituzione è viva e tuttora garante dei diritti di uguaglianza e libertà per tutte e tutti.
Questa conferma coincide anche con quel sentimento collettivo che si è espresso con la grande manifestazione di sabato 3 ottobre sulla libertà di stampa e informazione, cui abbiamo aderito, convinte che sia importante difendere la democrazia in questo Paese in cui si cerca di imporre ad ogni costo un pensiero unico.
Siamo tutte/i responsabili della salvaguardia della democrazia e del rispetto delle sue regole.

3 ottobre 2009

Perché partecipiamo alla manifestazione del 3 ottobre a Roma



Partecipiamo alla manifestazione del 3 ottobre per la libertà di stampa e di informazione considerandolo un appuntamento importante per difendere la democrazia in questo paese in cui si cerca di imporre a tutti i costi un pensiero unico.

Lo slogan Dovere di informare, diritto di sapere è sicuramente un buon punto di partenza ma la cosa importante è sapere cosa si intende e soprattutto se c’è una volontà di allargare i campi dell’informazione e includere le pratiche e gli eventi che esulano da quelli che sono i classici ambiti della politica, in tal senso sarebbe interessante sperimentare una maggiore curiosità e disponibilità delle testate locali e nazionali a dar conto di una pluralità di modi di esprimersi politicamente da parte della nostra società così complessa e variegata.

Il nostro ormai ventennale impegno all’interno della Rete Internazionale delle Donne in Nero, per la libertà dalle guerre, da ogni tipo di violenza e sopruso nel mondo a partire dai luoghi in cui si agisce, ha sempre compreso la difesa della libertà di espressione/informazione e stampa.

Non abbiamo però mai potuto dichiararci soddisfatte di come la stampa e i media in genere, garantiscono il dovere di informazione in molti paesi del mondo e anche nel nostro, riguardo alle donne, ai loro movimenti, alle loro pratiche.

Non dare conto delle migliaia di attività politiche e sociali che molte donne svolgono in questo paese, non restituisce l'immagine di un luogo abitato solidamente ed attivamente da due generi e non solo.

Le donne agiscono con pratiche politiche diverse da quelle degli uomini ma contribuiscono più di loro alla costruzione di società e civiltà attraverso una politica delle relazioni che unisce invece di dividere senza per questo oscurare le diversità ma piuttosto facendone tesoro.

Il realtà, pur essendo generalmente bistrattate dai media le donne non sono estranee al mondo mediatico e soprattutto nel mondo dei siti e dei blog sono presenti in modo attivo, significativo e variegato riscuotendo anche successo e interesse.

Noi donne non siamo né siamo mai state in silenzio e inattive malgrado la stanchezza e la fatica di una resistenza testarda rispetto ai continui attacchi e tentativi di annullare le nostre conquiste di libertà, tra queste anche quella di espressione a partire dal nostro corpo.

Vogliamo inoltre ricordare le giornaliste che hanno dato tanto al giornalismo di indagine e di denuncia soprattutto in tema di guerre, e che per questo hanno trovato la morte per mano di sicari , valgano per tutte Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli e per allargare lo sguardo fuori dal nostro paese, anche Anna Politkovskaja, Natalia Estemirova e tante altre in tutto il mondo.

DONNE IN NERO di BOLOGNA

www.donneinnerobologna.blogspot.com





1 ottobre 2009

Venerdì 2 ottobre : STRANABOLOGNA

Appello delle Feministas en Resistencia in Honduras


Riceviamo l’appello delle Feministas en Resistencia in Honduras.


Con la presente, le Feministas en Resistencia dell'Honduras denunciano la repressione brutale che oggi e' stata attuata contro le persone che si sono riunite pacificamente di fronte all'ambasciata del Brasile in Honduras, dopo avere appreso che il presidente Presidente Manuel
Zelaya si e' rifugiato là.

La gente e' stata attaccata nella prima mattinata con gas, acqua e un apparecchio che emette rumori assordanti.

Alcuni sono stati feriri e portati in ospedale.

Ieri il governo de facto ha proclamato un coprifuoco nazionale a cominciare alle ore 16, quando la maggior parte degli operai honduregni sono ancora al lavoro. Il coprifuoco e' durato fino alle 7
del mattino. Nel frattempo il governo ha proclamato un nuovo coprifuoco dalle 7 alle 16 di oggi.

Vogliamo diffondere, nel modo più ampio possibile, il fatto che abbiamo paura per le nostre vite, a causa dell'aggressione continua e crescente dimostrata dall'esercito contro quelli che richiedono la restaurazione dell'ordine costituzionale.

La situazione in Honduras è peggiorata nella settimana scorsa. Ieri (28) e' stato emesso un decreto che permette arresti e perquisizioni senza accuse o autorizzazioni, e che abroga i diritti di libertà di
assemblea, di movimento, di stampa e di parole.

Canale 36 e Radio Globo sono stati chiusi oggi (il 29) dopo che il governo de facto ha pubblicato un decreto sospendendo 6 articoli della costituzione per un periodo di 45 giorni. Le due emittenti sono state invase dalle forze armate e di polizia, che sono entrate alle 5.30.
Fascicoli e apparecchi sono stati confiscati da Radio Globo. Canale 36 e' stato circondato dall'esercito e le trasmissioni sono state bloccate. Alcuni giornalisti hanno dovuto scappare dalle finestre.
Il decreto autorizza la chiusura di "ogni media che minaccia la pace e l'ordine pubblico" o che "attacca la dignita' umana di ufficiali pubblici o decisioni del governo.” Richiede l'arresto di "persone considerate sospette" aggiungendo che devono essere portate nei "centri
di detenzione, legalmente stabiliti".

Si dice che il governo ha ordinato l'arresto di attivisti e la loro detenzione in uno stadio.

Centinaia di soldati hanno disperso una manifestazione all' Universidad Pedagógica Nacional- Francisco Morazán, dove centinaia di persone si sono riunite per marciare verso l'ambasciata del Brasile.

Soldati sono stati dispiegati nei punti chiave di Tegucigalpa e in tutto il paese per bloccare la gente che voleva andare alla manifestazione.