27 agosto 2008

Insieme per la pace, contro la guerra nel Caucaso


Come Donne in Nero di Bologna aderiamo all'appello pubblicato sul sito "Beati i costruttori di Pace"

Il Caucaso non ci è familiare. E' successo con la Cecenia; sta accadendo con l'Ossezia del Sud e con la Georgia. Sul piano politico c'è un intrico difficile da dipanare e non sappiamo come andrà a finire.
Ma c'è la guerra.
Abbiamo appena ricordato il peggiore, ma non l'unico, olocausto di civili in un'azione di guerra: gli oltre 200.000 morti causati da due sole bombe, sganciate il 6 e il 9 agosto 1945 su Hiroshima e Nagasaki.
Sempre in un agosto distratto dal caldo e dalle vacanze, dobbiamo constatare che ancora una volta di mira vengono prese le città, bombardate, cannoneggiate, invase, con grande abbondanza di uccisi, feriti, sfollati e rifugiati. Lasciamo ad altri le analisi strategiche. Le potenze, grandi o piccole che siano, stanno dimostrando ancora una volta il loro disprezzo del diritto internazionale, la loro arroganza verso le istituzioni internazionali, che hanno il mandato di affrontare tutti i conflitti fra Stati al fine di "salvare le future generazioni dal flagello della guerra".
I tentativi da tutte le parti di affermare l'inefficacia dell'ONU, le recenti proposte tese a superare l'ONU con coalizioni allargate agli Stati consenzienti, perseguono solo la negazione del diritto internazionale, la pretesa di scriversi le regole da soli con la prepotenza.
A noi interessano il punto di vista e la storia dei colpiti, lo shock che segnerà per sempre la loro vita, le condizioni inumane in cui da subito sono costretti a vivere. Abbiamo sperato che la situazione si risolvesse con velocità, che alle parole corrispondessero i fatti e si rientrasse nell'ambito della legalità internazionale. Siamo invece agli irrigidimenti, ai dispetti, ai ricatti e a una complicazione assurda. Non possiamo continuare ad attendere.
Qualcuno ha chiesto dove sono i pacifisti. Chiediamo che nessuno deleghi la responsabilità della pace, obiettivo e impegno per tutti. Per questo invitiamo tutte le persone ad uscire insieme e porre in tutte le città dei segni che esprimano l’urgenza di far cessare le azioni militari nel Caucaso e la necessità di ripristinare la legalità internazionale.

6 agosto 2008

Appello delle Donne in Nero spagnole in favore della rete di associazioni irachene per la nonviolenza LAONF


Come Donne in Nero di Bologna aderiamo all'appello delle Donne in Nero spagnole che esprimono solidarietà al LAONF,un insieme di 150 organizzazioni che lavorano per diffondere la nonviolenza nella società irachena, organizzando la "Terza settimana della nonviolenza" che consiste nello svolgimento in tutti i governatorati iracheni di attività finalizzate alla riduzione della violenza e del conflitto fra le comunità per costruire la pace fra i gruppi etnici e religiosi e chiamando la comunità internazionale a porre fine all'occupazione. Si vuole sfatare il preconcetto secondo cui la società irachena è violenta e fondamentalista. Si sta infatti formando una società civile che lavora da quattro anni per diffondere pratiche nonviolente per affermare i diritti umani e contrastare l'ingiustizia dell'occupazione.
Le DIN spagnole invitano anche tutta la rete delle Donne in Nero nel mondo a solidarizzare con questa campagna e a sostenerla attivando anche l'informazione nelle nostre comunità sugli sforzi non violenti della società civile irachena e per dare testimonianza dell'ingiustizia che subisce l'Iraq.
Vogliamo fare un appello alla ragione. Un appello alla pace. Un appello a promuovere una lotta nonviolenta.
Altri particolari sul sito LAONF.

Un altro giornalista afghano rischia la vita : campagna di RAWA


Da Cristina Cattafesta del CISDA (Comitato Italiano in sostegno alle Donne Afghane) riceviamo la seguente segnalazione.
"Naseer Fayaz, un giornalista di ARIANA TV, è stato arrestato due volte dai servizi segreti afghani e adesso chiede che gli venga concessa da UNAMA protezione per sé e per la sua famiglia. E’ purtroppo l’ennesimo caso in cui un giornalista afgano viene arrestato illegalmente e intimorito per la sua attività di denuncia."
Sul sito di RAWA (Organizzazione delle donne afghane) ulteriori informazioni sulla campagna in sua difesa.