30 settembre 2008

Una tremenda notizia: assassinata Olga Marina Vergara, donna in nero della Colombia


Assassinati a Medellin Olga Marina Vergara, il figlio, la nuora e il nipote di 5 anni. Olga Marina faceva parte della Ruta Pacífica de Mujeres e della Rete delle Donne in Nero.

Riportiamo il testo originale della lettera inoltrata dalle Donne in Nero italiane alle autorità colombiane.

Bologna, 29 Septiembre 2008.
Recibimos la tremenda noticia del asesinato en Medellin de Olga Marina Vergara, su hijo, su nuera y su nieto de cinco años, por mano de sicarios. Olga Marina Vergara era integrante de la Ruta Pacífica de Mujeres y de la Red Internacional de Mujeres de Negro, una activista pacifista e femminista y defensora de los derechos humanos.
Frente a este asesinato hemos exprimido todo nuestro pesame y apoyo a la familia de Olga Marina asì cruelmente golpeada y a las mujeres de la Ruta Pacifica de las Mujeres y de la Red de Mujeres de Negro que se oponen hace años a la militarizacion cada dia mas violenta en el paìs y a la violencia que sufre el pueblo y en particular las mujeres sumamente afectadas por ese clima insoportable creado por el perdurar del conflicto armado.
Queremos expresar nuestra repudio por los asesinatos y pedimos a las autoridades que
· investiguen para que se determine la verdad sobre lo sucedido y que los asesinatos no queden impunes.
· contribuyan a crear una convivencia en la qual se respete la vida de las mujeres.

Junto a la Ruta Pacífica declaramos:
"Nuestro interés es establecer un compromiso ético y político para terminar con la impunidad y la permisividad social acerca de las violencias que se ejerce contra las mujeres y más en la situación de conflicto que enfrenta Colombia”

Mujeres de Negro Italia

28 settembre 2008

Kandahar, uccisa la poliziotta delle donne, simbolo del riscatto femminile in Afghanistan


Da Repubblica.it
Un gruppo di taliban ha fatto fuoco davanti a casa sua. Ferito gravemente un figlioDirigeva il Dipartimento per i reati sessuali nella terra del fondamentalismo religioso
Presa di posizione dell'Unione europea: "Per tutte le afgane serviva da esempio"

Era la prima donna divenuta poliziotto a Kandahar dopo la caduta dei taliban. Un'eroina nazionale, simbolo della rinascita femminile in Afghanistan. L'hanno uccisa stamane, davanti alla porta di casa. Stava andando a lavorare. E' rimasto ferito gravemente anche uno dei suoi figli. Malalai Kakar era la poliziotta più famosa del paese, un simbolo del riscatto femminile nella terra che fu culla del movimento fondamentalista religioso. Aveva rinunciato a portare il burqa due anni fa e i taliban l'avevano minacciata più volte. Con una telefonata all'agenzia di stampa France Press gli studenti integralisti hanno rivendicato il delitto: "Oggi - ha dichiarato un portavoce del gruppo - siamo riusciti ad eliminare un nostro bersaglio". Contro i reati sessuali. Malalai non aveva mai chinato la testa: "Era una donna molto coraggiosa", dicono adesso i suoi colleghi. Dirigeva il Dipartimento reati contro le donne nella roccaforte dei taliban e sapeva di essere nel mirino dei fondamentalisti. Anche la precedente responsabile del Dipartimento crimini contro le donne di Kandahar era stata uccisa due anni fa. Quella volta che uccise tre killer. Stamane non le è servito essere armata. Le hanno sparato alla testa ed è morta sul colpo. Aveva quarant'anni ed era madre di sei figli. Suo padre e suo fratello erano poliziotti come lei. Nelle forze dell'ordine era entrata già alla fine degli anni Ottanta, ma poi l'ascesa dei taliban l'aveva costretta a fuggire in Pakistan. Era rientrata alla caduta del loro regime nel 2001 e aveva assunto il comando del Dipartimento con il grado di capitano. Scampata a numerosi tentativi di assassinio, la sua fama era dovuta a quella volta in cui uccise i tre killer che volevano ucciderla.
In una recente intervista a una cronista occidentale, Malalai Kakar ammise che i "crimini alle donne sono reati su cui i miei colleghi maschi non vogliono investigare. Ricordo di quella volta che scoprii una donna e sua figlia incatenati al letto. La donna era vedova e i familiari l'avevano passata in moglie al cognato che però l'aveva legata al letto per dieci giorni a pane e acqua. Ho liberato molte donne dalla schiavitù dei loro uomini e questo mi è valsa una certa notaritetà tra le donne che mi amano e mi fanno sentire forte contro le minacce di morte". Settecento agenti uccisi in 6 mesi. Da quando la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti li ha cacciati dal potere, i taliban hanno lanciato una vera e propria guerriglia mortale. Malgrado la presenza di 70mila soldati delle forze multinazionali, da due anni le violenze sono aumentate di intensità. Negli ultimi sei mesi i fondamentalisti hanno ucciso 720 agenti. Prima di Malalai Kakar, un'altra donna poliziotto è stata assassinata in Afghanistan nel giugno scorso. Anche allora, la polizia locale di Herat aveva accusato dell'omicidio i taliban.
(28 settembre 2008)

26 settembre 2008

No agli scambi politici sul corpo delle donne!

La Regione Emilia Romagna sta per approvare le "Linee d'indirizzo per i piani di zona per la salute ed il benessere sociale per una piena applicazione della L.194/78".
Le donne non sono state ascoltate ma hanno molto da dire: l'aborto è una libera scelta e non una colpa!
La libertà di autodeterminazione delle donne è la premessa ad ogni discorso sull’aborto.
Quando entriamo in un Consultorio e/o in ospedale vogliamo essere accolte da un medico e non da un’assistente sociale.
Quando abortiamo abbiamo bisogno di cure mediche e non di indagini o giudizi sulla nostra vita! Siamo noi a scegliere di chiedere aiuto se ne abbiamo bisogno!
La sanità deve essere pubblica e laica.
L’associazionismo e i privati sociali possono integrarsi, ma con modalità trasparenti e regole chiare.Non devono sostituirsi nè devono essere invasivi.
Devono restare fuori dai consultori.
Le associazioni che intendono collaborare a una “piena applicazione” della Legge 194 non possono essere contrarie all’aborto e non possono avere nello statuto finalità contro la 194 e contro la libertà di scelta procreativa delle donne.
La modalità con cui una donna vuole abortire (IVG o RU486) dipende solo dalla sua decisione!L’obiezione di coscienza è lo strumento che sta affossando la L.194, non possiamo permetterlo.I diritti dei "camici bianchi" finiscono quando impediscono quelli delle donne.La legge che meno viene applicata è quella sui consultori, che necessitano di finanziamenti e riqualificazione.La prevenzione non è dissuasione ma contraccezione! Conoscere la nostra sessualità aiuta tutte e tutti a scegliere in libertà.Il numero di donne italiane e migranti che scelgono l’IVG è in diminuzione. Non c’è alcuna emergenza rispetto all’aborto, ma rispetto al razzismo sì!
No allo stigma sul corpo delle donne di qualsiasi nazionalità.
Abbiamo chiesto di essere ascoltate dalle istituzioni ma stiamo ancora aspettando!

Rete delle donne di Bologna retedonnebologna@women.it
********

23 settembre 2008

Donne in Nero a Bruxelles con le donne del NO Dal Molin, contro le basi militari e gli scudi spaziali



Dal 15 al 17 settembre ci siamo recate a Bruxelles su invito di Luisa Morgantini, Vice Presidente del ParlamentoEuropeo del gruppo GUE- Verdi Nordici e Donne in Nero, con donne dei movimenti contro le basi militari e gli scudi spaziali.
Il titolo dell'incontro, concordato da Luisa Morgantini e Paola Ziche delle Donne No dal Molin era "Donne insieme per difendere la terra, per un futuro senza basi militari e scudi spaziali".
Oltre alle Donne in Nero erano presenti una folta delegazione del Gruppo Donne No Dal Molin, donne della Campagna contro lo Scudo Spaziale della Repubblica Ceca e dell'Italia, due movimenti che vedono una lotta concreta sul territorio italiano e ceco con un grosso protagonismo femminile, una rappresentante dei cittadini statunitensi per la Pace e la Giustizia.
E' stato un momento di particolare interesse perché ha dato la possibilità, oltre che sensibilizzare il PE, di stabilire relazioni fra alcune realtà europee che hanno in comune il sentire e l'agire della lotta antimilitarista e contro la guerra. Nelle intenzioni di Luisa, quando aveva invitato le Donne No dal Molin estendendolo alle DIN, come lei stessa ci ha detto durante l'incontro che abbiamo avuto in preparazione dell' audizione con i parlamentari, vi era la necessità di mettere in rete le esperienze di donne che sono attive in diversi paesi europei. Purtroppo per questioni di tempo e della mancata disponibilità di parlamentari di altri paesi ad impegnarsi per quella data, le realtà europee sono state solo le ceche e le italiane. Ma si può riparlarne per la primavera.
Si è unanimemente individuata una vera emergenza democratica in Europa sia sul piano dell'informazione che su quello della decisione a dispetto dell'opinione dei cittadini, si pensi che nella Repubblica Ceca il 70% delle cittadine e cittadini sono contro l'installazione della base militare USA e allo scudo spaziale e a Vicenza più del 50% lo sono contro la nuova base USA ma questo non ha nessun peso rispetto alle decisioni. Si è inoltre evidenziato come essere contro la costruzione di nuove basi militari e dello scudo spaziale nasce non solo dal desiderio di salvaguardare il territorio ma anche dalla volontà di non essere complici di guerre e nuovi attacchi e violenze sulle popolazioni di altri paesi come sta avvenendo oggi in tutto il mondo. (1)
Si è potuto inoltre approfondire il tipo di richieste che si possono fare al Parlamento Europeo e quello che realisticamente ci si può aspettare da questa istituzione, si sono quindi stabilite una serie di priorità per rispondere alla legittima esigenza del gruppo donne del presidio No dal Molin di ritornare a casa con qualche risultato tangibile.
La bella e sentita discussione avviata si è conclusa con la decisione di redigere da parte delle Donne del No Dal Molin un documento da sottoporre alla firma dei parlamentari UE in cui si chiedono impegni precisi in ordine alla garanzia di poter svolgere la consultazione sulla nuova base USA il 5 ottobre anche con pronunciamenti da parte dei parlamentari UE o dello stesso parlamento europeo, mentre si stanno operando forti pressioni anche sul piano giuridico per non permetterne lo svolgimento, in particolare ad opera del presidente del consiglio Berlusconi, mettendo in evidenza la realtà del deficit di democrazia che denunciamo. Si è chiesta la presenza dei parlamentari europei a Vicenza magari a rotazione dal 30 settembre al 6 ottobre anche per garantire che non si avvii la costruzione della base prima dello svolgimento della consultazione. Le prime presenze confermate sono quelle di Umberto Guidoni, Luisa Morgantini e Kusschaster.
Si chiede inoltre di proporre interpellanze e interrogazioni per far applicare la direttiva europea sulla valutazione di impatto ambientale tenendo conto del fatto che la base si farà su un territorio sotto il quale si trova la quarta falda acquifera per importanza in Europa (come se ne garantirà la salvaguardia?), perchè si avviino inoltre procedure di infrazione del diritto comunitario in materia ambientale e di diritto all'informazione e alla libera espressione dato che questa viene oltretutto criminalizzata e si reprime violentemente il diritto a manifestare pacificamente e con metodi non violenti .
Si chiede naturalmente di firmare e far firmare ad altre/i parlamentari il documento redatto per dichiarare in tal modo il proprio appoggio ma anche il proprio impegno a difendere i legittimi diritti dei cittadini di Vicenza a "salvaguardare la terra". Per il Parlamento Europeo, Luisa Morgantini ha già inviato l'appello a tutti i parlamentari e preparato l'interrogazione scritta al Consiglio che alla Commissione
Si è anche chiesto un aiuto finanziario per questa campagna contro la nuova base di Vicenza che si basa solamente sull'autofinanziamento.
Per quanto riguarda lo "scudo Spaziale" si sta già lavorando all'organizzazione di una nuova manifestazione a Praga anche con l'apporto di parlamentari europei. Giulietto Chiesa e Luisa raccoglieranno le firme.
Per quanto riguarda noi Donne in Nero, facciamo nostra la lotta delle Donne del No Dal Molin con l'impegno a manifestare anche in vigil nelle principali città sul diritto della città di Vicenza a svolgere nella libertà e nel rispetto delle regole democratiche la consultazione sulla costruzione della nuova base USA.
(1) Abbiamo incontrato le donne della "Campagna per i diritti umani economici dei poveri" degli USA invitate dal Gruppo Gue-Ngl al parlamento europeo e queste denunciavano come la guerra sia stata fatta pagare ai poveri creando nuove e sempre maggiori situazioni di povertà e come chi protesta sia sottoposto ad arresti e lunghi periodi di detenzione mentre i figli vengono tolti alle madri che non hanno lavoro e casa, una grave emergenza abitazionale e di mancanza di cibo oltre a un deficit drammatico di democrazia e rispetto dei diritti umani per cui queste donne chiedono aiuto all'Europa.
Patricia Tough-Donne in Nero Bologna

14 settembre 2008

NEWS da Jasmina Tesanovic sul processo di cambiamento politico in atto in Serbia


Sempre interessanti e intriganti i commenti di Jasmina Tesanovic su quanto avviene al Tribunale dell’Aja dove è iniziato il processo al criminale di guerra Radovan Karadzic.

Notizie
Giornate storiche in Serbia. Permettete un pò di euforia in mezzo ai soliti scettici. Ieri il parlamento ha ratificato l’accordo per una futura entrata nell’Unione Europea. Oggi il pubblico ministero del Tribunale dell’Aja è venuto a Belgrado per discutere di mutua collaborazione, e dell’arresto degli ultimi due maggiori criminali di guerra incriminati Ratko Mladic and Goran Hadzic.Dopo il drammatico arresto di Radovan Karadzic un mese e mezzo fa, senza dubbio la Serbia sembra incamminata su una nuova linea politica. Il partito radicale, il cui leader Vojislav Seselj è sotto processo all’Aja,si è spaccato su questa questione dell’Europa. L’ala radicale più progressista vuole unirsi all’Europa mentre gli irriducibili di destra insistono nello sfidare il mondo.

Una settimana fa.

Non dichiarandosi assolutamente colpevole, facendo anche lo spiritoso, , Dragan Dabic alias Radovan Karadzic è apparso nel Tribunale dell’Aja.
Ha annunciato: posso avere la sua parola, giudice, che lei dirà che io sono “non colpevole” quando tradurrà il mio rifiuto di dichiararmi colpevole? Karadzic ha offerto un sorriso forzato che il giudice che presiedeva non ha restituito.
“La corte deciderà” ha risposto il giudice
Il processo ora è aperto anche se Karadzic ha presentato molti documenti che contestano la procedura, il suo arresto e il fatto di essere trattato come un prigioniero.
Ha rinunciato al diritto di sentire l’accusa in attesa della nuova. Il giudice che presiedeva ha rimproverato il pubblico ministero generale per non aver completato la nuova accusa.
Karadzic ha anche reclamato il diritto all’autodifesa senza un avvocato. Il suo computer, preso durante il suo arresto lo scorso mese a Belgrado, con ogni probabilità conteneva le sue linee e strategie di difesa.
Radovan Karadzic, ora vestito da avvocato occidentale invece che da mistico guru serbo, ha chiesto altro tempo, ha lasciato la corte allo stesso modo spavaldo di Slobodan Milosevic nei primi giorni del suo processo. Questo atteggiamento ci fa suonare nella mente un campanello: la sua linea di difesa sarà “un uomo solo contro il sistema”.
Benché Milosevic abbia pagato con la vita questo metodo, il sistema è stato in realtà sconfitto, dato che non è riuscito ad emettere una sentenza. Vediamo chi vincerà questo round, essendo verità e giustizia le condizioni della vittoria.
Recentemente il genocidio di Srebrenica, per il quale Radovan Karadzic è accusato, è stato usato dai politici russi per scusare l’intervento russo in Georgia. I russi rivendicano di agire per prevenire in Ossezia un massacro stile Kosovo. Eppure i russi costituiscono una voce forte nell’Onu contro la secessione del Kosovo dalla Serbia anche mentre appoggiano la secessione di Abkhazia e Ossezia dalla Georgia.
Sembrerebbe che l’esistenza di Karadzic sia ora una scusa per le superpotenze per oliare i carri armati e attivare le forze navali e aeree.
Nello stesso tempo a Belgrado un’agenzia turistica sta organizzando tour speciali nei luoghi dove Karadzic nelle vesti di Dragan Dabic beveva, mangiava, comprava la torta di patate, giocava e si esibiva con la medicina alternativa:Pop Art Radovan. I turisti si prenotano mesi prima; i turisti vogliono bere e mangiare come un criminale di guerra per un’ora. Il tour viene filmato dal National geographic. Karadzic dall’Aja si scusa con i fan di Radovan Dabic per averli ingannati.
La Serbia negli anni passati è stata famosa per i criminali di statura mondiale, I turisti sono interessati anche ad altri come ad esempio alla topografia dei defunti Arkan, Milosevic e anche di Tito.
Recenti sviluppi politici hanno comunque auspicato che la futura immagine pubblica serba sia collegata alle star del tennis e alle loro abitudini. Ci dispiace per i fan dei criminali di guerra: nessuno è perfetto.

Jasmina Tesanovic
Belgrade, the 10th of September 2008.

DONNE INSIEME A BRUXELLES IN DIFESA DELLA TERRA PER UN FUTURO SENZA BASI MILITARI E SCUDI SPAZIALI

Il 17 settembre alcune donne in nero italiane saranno a Bruxelles, con altre donne che lottano contro la militarizzazione per ribadire il diritto a un domani senza basi di guerra e scudi spaziali.

17 Settembre 2008
Contro la militarizzazione del territorio, delle nostre vite, delle nostre menti

www.luisamorgantini.net

11 settembre 2008

Afghanistan: aumentano le autoimmolazioni delle donne

Ecco cosa accade nella zona di Herat sotto il controllo dei militari italiani.

La maggior parte delle donne che si sono autoimmolate ha un'età compresa tra i 12 e i 30 anni.
Quest'anno 47 casi sono stati curati nell' ospedale specializzato di Herat. Altri 42 casi hanno avuto la morte come conseguenza delle ustioni, con un aumento rispetto allo scorso anno in cui le autoimmolazioni erano state 30, con il 90% delle pazienti morte.

Il dott. Jalali afferma che l'ospedale specializzato nella cura degli ustionati, costruito ad Herat per 34 letti con equipaggiamento d'avanguardia con l'aiuto degli U.S.A. e della Francia, è ormai insufficiente a causa dell'aumento di pazienti provenienti dalle aree rurali.
La maggior parte dei casi sono conseguenza di violenze domestiche commesse dai mariti e dalle loro famiglie.

La trentenne Alia ricoverata ad Herat ha detto: " Non potevo resistere più alle violenze familiari così mi sono data fuoco col petrolio". Alia ha dei bambini. Secondo le dichiarazioni del medico curante il 60% del suo corpo presenta delle ustioni e il suo stato è così critico che non può dare altri dettagli.

Seema Shir Mohammadi, a capo dell'ufficio per le problematiche delle donne di Herat, afferma che si fa poca propaganda per i diritti delle donne a causa di problemi di sicurezza, che le statistiche sulle autoimmolazioni sono spaventose e che queste sono dovute all'ignoranza dei diritti all'interno delle famiglie, alla povertà e alla disoccupazione.
Segnalazione di ITALIARAWA

10 settembre 2008

Un trionfo per le donne del Centro de Derechos Humanos de las Mujeres di Chihuahua

Da Luz Esthela Castro Rodríguez ,Coordinadora del Centro de Derechos Humanos de las Mujeres di Chihuahua, Messico, riceviamo questo messaggio: lo pubblichiamo come testimonianza positiva delle lotte delle donne anche in campo giudiziario.
(Traduzione di Patricia Tough)

Un trionfo che condividiamo con tutte.

7 Sep 2008

Venerdì 5 settembre, si è tenuta un’udienza inedita nello stato di Chihuahua nell’ambito del nuovo sistema di giudizio penale.
Dolores Tarín sopravvisuta a femminicidio e la sua avvocata Lucha Castro del Centro de Derechos Humanos de las Mujeres si sono scontrate con la Procura dello Stato (Pubblico Ministero) che aveva presentato una richiesta al Giudice di Garanzia perchè sostituisse al giudizio orale, un giudizio abbreviato; in tal caso il sicario si dichiara colpevole e in cambio ottiene il beneficio della pena minore per il delitto commesso, situazione che avremmo preso in considerazione anche noi, se il sicario avesse fornito sufficienti informazioni al fine di processare l’autore intellettuale che è fuggito dalla città senza lasciare traccia e rispetto al quale il PM non ha mai fatto indagini.
Si suppone che il PM rappresenti gli interessi della società e presenti l’accusa a nome della vittima. L’aspetto inedito del caso è stato che il dibattito si è tenuto tra il PM da un lato e la vittima e la coadiuvante dall’altro!!!!! Con il PM che insisteva per fare un procedimento abbreviato e la vittima e la coadiuvante che esigevano un giudizio orale.
Il giudice, l’imputato e i suoi avvocati non credevano alle loro orecchie nell’ascoltare il PM che contraddiceva apertamente la coadiuvanza e segnalava ripetutamente che non si trattava di un delitto di genere; che non era un caso emblematico; che non dava luogo ad applicazione degli accordi internazionali CEDAW e BELEM DO PARA, sui quali si basava la petizione della coadiuvanza che esigeva il giudizio orale.
Prima di accettare il giudizio abbreviato, il giudice doveva decidere come risolvere questa situazione che si presentava per la prima volta nello stato, cioè la manifestazione di aperto contrasto manifestatosi fra la vittima e il PM che si suppone la dovesse rappresentare. Gli argomenti della vittima e della coadiuvante hanno avuto successo. Il giudice ha negato il procedimento abbreviato e autorizzato che si realizzi prossimamente il giudizio orale.
La sala è risultata insufficiente a contenere tutto il pubblico che cercava di entrare; all’esterno uno striscione dichiarava la “chiusura” del Nuovo Sistema di Giustizia Penale per violazione dei Diritti Umani delle donne; studenti di diritto che seguivano altri processi orali si sono uniti a questo processo chiedendo consulenza al CEDEHM; le guardie del luogo chiedevano scusa ai partecipanti per l’atteggiamento del PM., infine si può dire che è stata una giornata di successo.
Ringraziamo le organizzazioni e le persone che sono state con noi, che hanno diffuso i nostri comunicati e che ci hanno sostenuto.

Centro de Derechos Humanos de las Mujeres http://www.cedehm.org/

Solidarietà al NO DAL MOLIN



Dal sito http://nodalmolin.it/

06/09/2008 fonte: Presidio Permanente


Caricare le manifestazioni pacifiche? A Vicenza si può!


Finisce con 6 fermi e una trentina di feriti la manifestazione pacifica organizzata e dichiarata per oggi. Evidentemente in Italia non è possibile manifestare, nemmeno pacificamente.
Una manifestazione pubblica, dichiarata e stampata sui giornali. Alla luce del sole, dichiarati gli intenti e quello che si sarebbe andato a fare. Costruire una torretta per monitorare la situazione dei lavori all'interno dell'aeroporto. Su luogo privato per cui avevamo il beneplacito del proprietario, e la richiesta di autorizzazione per occupazione di suolo pubblico.
Questo probabilmente non è bastato per dissuadere le forze dell'ordine (del disordine?) dal caricare, trascinare, manganellare, prendere a calci questa manifestazione pacifica di vicentini. Donne, vecchi, ragazzi. Indiscriminatamente maltrattati, con pretesti ridicoli. "Quella torretta è troppo alta". Già duecento metri prima del punto concordato per la posa della torretta il corteo era stato improvvisamente bloccato. Un blocco imotivato e futile, aggirato dai cittadini passando per il fosso laterale. Poi la costruzione. Finché l'ordine è arrivato. I cittadini si siedono e difendono la costruenda torretta con un sit-in. A nulla valgono i discorsi per cercare di essere ragionevoli.
La prima carica ha fatto vari feriti e cinque fermi. Nella seconda alcune ragazze sono state prese a calci, altri ricevevano colpi di scudo, qualcuno è stato trascinato per i capelli. Gli occhi sfigurati di poliziotti, carabinieri e guardie di finanza e gli insulti: "Ti uccido! Sporco pacifista! Ti spacco la testa". Il corteo quindi si rifugia nel giardino di una casa adiacente, ospitati dagli abitanti solidali.