21 maggio 2010

AFGHANISTAN La jirga delle vittime per la giustizia


Senza giustizia non ci sarà alcuna riconciliazione nazionale

Kabul, 10 maggio 2010.
Oltre 30 anni di conflitti e di violenta repressione hanno causato, in Afghanistan, un milione e mezzo di vittime civili, milioni di sfollati, mutilati, deprivati. Oggi, il governo afghano e la comunità internazionale parlano di riconciliazione, ma che cosa chiede la popolazione? Che tipo di pace immaginano le vittime di gravi violazioni dei diritti umani?

Gli afghani hanno cercato risposte a queste domande il 9 maggio, in maniera inusuale, quando oltre 100 vittime e i loro rappresentanti provenienti da ogni regione dell’Afghanistan e da ogni periodo del lungo conflitto si sono riuniti a Kabul per condividere le loro esperienze e articolare una visione comune per una pace giusta.

La jirga delle vittime per la giustizia, tenutasi all’hotel Sitara, è stata organizzata dal TJCG (Gruppo di coordinamento per la giustizia transizionale), una coalizione di 25 associazioni della società civile afghana che lavorano sul tema della giustizia transizionale. La jirga è stata un valido strumento per far sì che la maggioranza delle persone dimenticate dal dibattito sulla riconciliazione – il popolo afghano – avesse modo confrontarsi.

L’incontro, il primo di questo genere in Afghanistan, è stato molto emozionante: le vittime hanno raccontato storie di brutali crimini, di perdite personali e di impunità. “Mi sono sposata molto giovane” ha detto un’anziana signora proveniente dalla provincia di Kunar. “Nel mio villaggio ha avuto luogo un massacro: mio marito, mio zio e tutta la mia gente è stata uccisa”. Il villaggio della donna fu il luogo di un massacro di oltre mille persone perpetrato nell’era comunista.

Un uomo di Takhar è scoppiato a piangere mentre descriveva la reazione di un ufficiale al rapimento e all’uccisione di due dei suoi figli nel 2007, per mano di un comandante locale. L’ufficiale gli ha detto che era giovane, e che avrebbe avuto la possibilità di fare altri figli. “Noi vogliamo giustizia” ha detto la vittima “e i responsabili dei crimini devono andare sotto processo”.

La richiesta di istituire dei processi è stata ripetuta da tutti i partecipanti della jirga.

“Un criminale di guerra è un criminale di guerra, indipendentemente dalla sua religione o dalla sua etnia. Tutti questi criminali devono essere processati”, ha detto una vittima dell’era dei talebani, di Kabul. “Se vogliamo una pace duratura, e non una pace ‘politica’ di breve corso, è necessario che i crimini del passato vengano almeno riconosciuti”. L’uomo ha descritto come suo fratello fosse stato frustato a morte dai talebani nel 1997. Poi, con voce tremante, ha aggiunto: “Non vogliamo vendette. Non vogliamo lavare il sangue con altro sangue. Vogliamo giustizia”.

Una vittima della guerra civile (1992-96) proveniente da Parwan ha paragonato una pace senza giustizia alla preghiera senza abluzioni.

Nella seconda parte dell’incontro i partecipanti si sono divisi in gruppi di lavoro per discutere come pensano si debba affrontare la questione dei crimini del passato e come sia possibile conseguire la pace per il futuro. Le raccomandazioni che i gruppi hanno presentato durante le conclusioni della conferenza sono state il prodotto dell’accordo raggiunto tra le vittime di diverse origini.

Tra le loro richieste principali, l’istituzione di processi nei confronti di chi ha commesso crimini e gravi violazioni dei diritti umani, il sostegno sociale ed economico alle vittime sotto forma di risarcimenti, aiuti alle vittime disabili, ricostruzione giusta e trasparente del paese, aiuti alla popolazione colpita dal conflitto e creazione di maggiori spazi nei quali le vittime possano incontrarsi e formulare le loro richieste.
Da alcuni gruppi è anche venuta la richiesta di sospendere i criminali dagli incarichi istituzionali e governativi e di prevenire simili crimini nel futuro, attraverso un disarmo generalizzato e il congelamento dei beni dei criminali.

Alla domanda riguardo alle loro richieste nei confronti della comunità internazionale le vittime hanno risposto che vorrebbero aiuto per l’individuazione e la documentazione delle fosse comuni e dei luoghi nei quali sono state commesse le più gravi atrocità e di sostenere con decisione i processi di giustizia transizionale.

Ogni gruppo ha sottolineato con forza che in Afghanistan senza giustizia non sarà possibile costruire una pace durevole.

Fonte: The Afghanistan Analysts Network (http://www.aan-afghanistan.org/index.asp?id=747)
Traduzione: Laura Quagliuolo

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