27 maggio 2009

“Questo massacro offre al mondo uno sguardo sugli orrori che vive la nostra gente” di Malalai Joya



14 maggio 2009


Da parlamentare eletta nella provincia di Farah, Afghanistan, voglio dire la mia opinione, che si aggiunge alle voci di condanna ai bombardamenti della Nato avvenuti all’inizio di questo mese e che hanno causato 150 morti tra i civili nella mia provincia.

Come ho spiegato nella conferenza stampa dell’11 maggio a Kabul, le autorità militari statunitensi non vogliono aprire gli occhi su questa realtà. Come sempre, hanno cercato di minimizzare sul numero di vittime ma so che nei bombardamenti sono stati uccisi 164 civili. Durante la conferenza stampa, un uomo del villaggio di Geranai, distrutto dal dolore, ha spiegato di aver perso nel massacro 20 membri della sua famiglia.

Inoltre la commissione governativa afghana sembra aver sbagliato a compilare l’elenco dei bambini minori di tre anni che sarebbero rimasti vittime. I membri della commissione governativa che si sono recati al villaggio dopo tre giorni – quando tutte le vittime erano già state seppellite in una fossa comune dalle persone del villaggio – non ha intenzione di rendere pubblica la sua lista. Perché trattare con tanto disprezzo le preziose vite degli afghani?

La novità di questa settimana è che gli USA hanno sostituito il loro responsabile militare in Afghanistan, ma penso che questo sia solo un trucco per ingannare la nostra gente e addossare la responsabilità per la loro disastrosa strategia in Afghanistan sulle spalle di una sola persona.

L’ambasciatore USA in Afghanistan ha dichiarato in un’intervista ad Al Jazeera che se verranno offerte “sincere scuse” allora la “gente capirà” le ragioni di questi morti civili. Ma gli afghani non vogliono solo sentire “scuse”. Chiediamo la fine dell’occupazione del nostro paese e la fine di questi tragici crimini di guerra.

Le manifestazioni tenute dagli studenti e da altri cittadini contro questi ultimi bombardamenti, come la protesta di centinaia di donne tenutasi il mese scorso a Kabul, dimostrano al mondo la via per una vera democrazia in Afghanistan. A dispetto delle minacce e delle vessazioni, le donne sono scese in strada per chiedere la cancellazione della legge che legalizza lo stupro nel matrimonio e sancisce l’oppressione delle donne sciite del nostro paese. E questo dimostra che i bombardamenti aerei statunitensi e l’occupazione non hanno portato sicurezza né per gli afghani né per le donne afghane. La verità è infatti molto diversa.

Questa legge scellerata è solo la punta dell’iceberg della catastrofe riguardo ai diritti delle donne nel nostro paese occupato. L’intero sistema, e in particolare il sistema giudiziario, è contaminato dal virus del fondamentalismo; gli uomini che commettono un crimine ai danni delle donne non vengono puniti. Il tasso di sequestri, stupri collettivi e di violenza domestica è più alto che mai, e per questo è anche salito il numero di donne che si autoimmolano o che si suicidano in altro modo. La tragedia è che le donne prefriscono darsi fuoco piuttosto che resistere nell’inferno del nostro paese “liberato”.

La Costituzione afghana contiene diversi articoli che riguardano i diritti delle donne: io sono stata una delle molte delegate della Loya Jirga del 2003 che ha fatto in modo che venissero inclusi. Ma questo documento fondante del “nuovo Afghanistan” è stato sfregiato dalla pesante influenza dei fondamentalisti e dei signori della guerra, con i quali Karzai e l’Occidente si sono compromessi fin dal principio.

La nuova legge contro le donne non mi ha affatto sorpresa. Quando gli USA e i loro alleati hanno sostituito i taleban con i tristemente famosi signori della guerra e fondamentalisti dell’Alleanza del Nord era chiaro che l’unico cambiamento che avremmo visto sarebbe stato un passaggio dalla padella alla brace.

Negli ultimi anni sono state emesse diverse leggi e sentenze dei tribunali indegne. Un esempio è la disgustosa legge passata con il pretesto della “riconciliazione nazionale” che ha garantito immunità a famosi signori della guerra e criminali, molti dei quali siedono nel Parlamento afghano. A quel tempo, I media mondiali e il governo fecero finta di non vedere.

La mia opposizione a questa legge da deputata eletta nella provincia di Farah, è stata una della ragioni per cui sono stata espulsa dal Parlamento, nel maggio del 2007. Recentemente è stata emessa una scandalosa sentenza a 20 anni di prigione ai danni di Parvez Kambakhsh, un giovane la cui sola colpa è stata quella di distribuire tra i compagni di università un articolo “critico”.

Sappiamo che altre truppe USA e Nato stanno partendo per l’Afghanistan per far sì che le elezioni presidenziali si svolgano in sicurezza. A dire il vero, il popolo afghano non spera in queste elezioni, sappiamo che sotto le armi dei signori della Guerra, la mafia del narcotraffico e l’occupazione non ci sarà alcuna democrazia.

Con l’eccezione di Ramazan Bashardost la maggior parte dei candidati sono le note facce screditate che hanno fatto parte del governo mafioso di Hamid Karzai. Sappiamo che un burattino può essere sostituito con un altro burattino e che il vincitore di queste elezioni sarà certamente stato scelto dietro le porte della Casa Bianca e del Pentagono. Devo concludere che queste elezioni presidenziali saranno solo una farsa per legittimare il futuro burattino degli USA.

Come in Iraq, la guerra non ha portato liberazione all’Afghanistan. E la guerra è stata fatta per portare democrazia e giustizia o per sradicare i gruppi terroristi ma piuttosto per servire gli interessi strategici degli USA nella regione. Agli afghani non è mai piaciuto essere le pedine del “Grande Gioco” dell’impero, e questo lo hanno capito i britannici e i sovietici nel secolo scorso.

È vergognoso che la verità dell’Afghanistan sia stata nascosta dai media occidentali che hanno lavorato per guadagnare consenso alla “guerra buona”. Forse, se i cittadini nordamericani fossero stati informati sulla verità del mio paese, il Presidente Obama non si sarebbe azzardato a spedire altre truppe e a spendere i soldi dei contribuenti in una guerra che che sta solo facendo soffrire di più la nostra gente e spingendo la regione verso conflitti sempre più profondi.

Un incremento delle truppe in Afghanistan e i continui bombardamenti aerei non serviranno certo a liberare le donne afghane. L’unica cosa che succederà sarà un incremento delle vittime civili e un aumento della resistenza all’occupazione.

Per aiutare davvero le donne afghane, i cittadini statunitensi e di tutto il mondo dovrebbero chiedere ai loro governi di smettere di sostenere e coprire un regime di signori della guerra e di estremisti. Se questi criminali venissero finalmente processati, le donne e gli uomini afghani si dimostrerebbero capaci di fare da sé.

Malalai Joya è stata la più giovane parlamentare afghana, eletta nel 2005 quale rappresentante della provincia di Farah. Nel maggio 2007 è stata ingiustamente sospesa dal Parlamento.


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