9 settembre 2009

Un'altra buona notizia : niente frustate per Lubna per aver indossato i jeans

Sudan, la vittoria di Lubna: niente frustate

UNA multa di 500 sterline sudanesi, circa 140 euro: in molti ieri mattina avevano salutato come una vittoria il verdetto salomonico con cui la giustizia sudanese sperava di togliersi dall' imbarazzo condannando sì la giornalista che il 3 luglio aveva osato indossare un "indecente" paio di pantaloni a Khartum, ma risparmiandole le frustate previste dal controverso articolo 152 del Codice penale. Lubna Ahmed Hussein no: per lei, che era «pronta a subire anche più di 40 frustate» purché tutti sapessero quel che succede in Sudan, «l' incostituzionalità» e indecenza, questa sì, di un sistema che priva le donne della libertà d' indossare quel che vogliono restava. E per denunciarlo s' è rifiutata di pagare la multa pur consapevole di andare incontro a un mese di carcere. I giudici di Khartum, che speravano di appigliarsi all' immunità diplomatica di cui Lubna godeva in quanto impiegata dell' Onu, il 4 agosto si erano presi un mese in più di tempo una volta che la Hussein s' era dimessa dal suo incarico presso l' Unmis. L' imbarazzo era evidente. Da quando nel 1991 la giunta militare guidata dall' attuale presidente Omar al-Bashir aveva introdotto la legge islamica, sharia, nel Nord Sudan, almeno 20mila donne erano state arrestate e frustate in base all' articolo 152 che, spiegava la stessa Hussein a Repubblica alla vigilia dell' ultima udienza, «vieta d' indossare abiti che causino pubblico imbarazzo senza però specificare quali». Poiché, aggiungeva Lubna, «nessuno in Sudan crederebbe che un paio di pantaloni possa costituire una violazione, molte donne, una volta arrestate, si sono sottoposte alla condanna senza obiettare né poi dire nulla ai familiari perché non sarebbero state credute. Tutti, a partire dai loro mariti, genitori o fratelli, avrebbero sospettato che avessero commesso adulterio o un reato più grave per essere state condannate a una pena così severa». È per questo che migliaia di arresti effettuati col pretesto dell' articolo 152 dal 1991 a oggi erano passati sotto silenzio. Ogni giorno venivano arrestate e frustate donne per il loro modo di vestire. Nessuna di loro ne parlava e nessuno veniva a saperlo. Finché a parlarne non è stata Lubna, che del resto non aveva mai risparmiato critiche al regime sudanese dalle colonne del giornale Al Sahafa. Il 3 luglio con lei erano state arrestate altre 12 donne perché indossavano un paio di pantaloni. In dieci si erano dichiarate colpevoli e due giorni dopo avevano subito 10 frustrate e pagato una multa di circa 70 euro. Lubna no. S' era rifiutata di dichiararsi colpevole e aveva rivendicato il suo diritto a essere assistita da un avvocato. Come lei, altre due donne. Lubna però era andata oltre, invitando giornalisti e funzionari internazionali ad assistere all' udienza. «Volevo che tutti sapessero che in Sudan può accadere anche questo, essere frustrate per un paio di pantaloni».E c' è riuscita. Ieri ad aspettarla alle porte del tribunale e a salutarla prima che venisse trasferita nel carcere femminile di Omdurman c' erano centinaia di donne sudanesi, tutte in pantaloni, incuranti dei manifestanti musulmani che le chiamavano «prostitute» e pure della polizia che, intervenuta per disperderle, ne ha arrestate 48 prima di rilasciarle. «È stata Lubna - ha detto una di loro - a darci coraggio». - ROSALBA CASTELLETTI

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