20 aprile 2009

Una lettera aperta di universitari statunitensi a proposito dell’antisemitismo e degli appelli al boicottaggio di Israele


Siamo militanti per la pace di origine ebraica. Alcuni tra noi si identificano in questo modo, altri no. Ma tutti e tutte noi ci opponiamo a coloro che pretendono di parlare in nome di tutti gli ebrei o che utilizzano accuse di antisemitismo per cercare di reprimere la contestazione legittima.

Siamo rimasti indignati per le accuse contro Hermann Dierkes, un sindacalista e dirigente del Partito di sinistra (Die Linke) nella città tedesca di Duisburg. In relazione al recente attacco israeliano contro Gaza, Dierkes ha espresso l’opinione che uno dei modi con cui i Palestinesi potrebbero essere aiutati ad ottenere giustizia sarebbe quello di sostenere l’appello del Forum sociale mondiale al boicottaggio delle merci israeliane, in modo di esercitare una pressione sul governo israeliani. Dierkes è stato sottoposto su gran scala a denunce al vetriolo che lo accusano di antisemitismo e di invitare ad una ripetizione della politica di boicottaggio dei prodotti ebraici lanciata dai nazisti negli anni ‘30. Dierkes ha risposto affermando che «le parole d’ordine del FSM non hanno niente a che vedere con le campagne razziste antiebraiche di tipo nazista, ma mirano solo a cambiare la politica di oppressione dei Palestinesi esercitata dal governo israeliano».

Nessuno ha accusato Dierkes di antisemitismo per altre ragioni che non siano il sostegno al boicottaggio. E tuttavia egli è stato accusato di «puro antisemitismo» (Dieter Graumann, vice-presidente del Consiglio ebraico centrale), di pronunciare parole equivalenti a «un’esecuzione di massa sul limite di una foresta ucraina» (Achim Beer, editorialista del Westdeutsche Allgemeine Zeitung) e di fare della «propaganda nazista» (Hendrik Wuest, segretario generale della CDU).

Noi, firmatari, abbiamo punti di vista diversi sull’opportunità e l’efficacia dell’appello al boicottaggio dei prodotti israeliani. Alcuni e alcune tra noi pensano che un boicottaggio di questo tipo sia una componente essenziale di una campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni che può mettere fine a 40 anni di occupazione israeliana; altri pensano che il modo migliore di esercitare una pressione sul governo israeliano sia un boicottaggio più selettivo, centrato sulle istituzioni e le aziende che sostengono l’occupazione. Ma siamo tutti d’accordo sul fatto che è essenziale esercitare una pressione sul governo israeliano se si desidera che pace e giustizia si realizzino in Medio Oriente, come pure siamo tutti d’accordo sul fatto che un appello al boicottaggio di Israele non ha niente a che vedere con la politica nazista: «Non comprate dagli ebrei».

Non è più antisemita boicottare Israele per porre fine all’occupazione di quanto non fosse anti-Bianchi boicottare il Sudafrica per porre fine all’apartheid. I movimenti per la giustizia sociale hanno spesso invitato al boicottaggio o al disinvestimento, contro il regime militare in Birmania o contro il governo del Sudan. Che siano opportuni o no, questi appelli non sono per niente discriminatori.

La violenza in Medio Oriente ha portato, in effetti, ad alcuni atti di antisemitismo in Europa. A Roma c’è stato perfino un appello al boicottaggio dei negozi appartenenti a ebrei, che è stato ampiamente e giustamente condannato. Noi deploriamo questo fanatismo. I crimini di Israele non possono essere attribuiti a tutti gli ebrei. Ma, nello stesso tempo, un boicottaggio di Israele non può essere presentato come l’equivalente di un boicottaggio dei tutti gli ebrei.

Una forma acuta e inquietante di razzismo che si sviluppa oggi in Europa è l’islamofobia e la xenofobia rivolte contro immigrati dei paesi musulmani. Dierkes è stato in primo piano tra i militanti per la difesa dei diritti degli immigrati/e, mentre alcuni di coloro che accusano tutti i critici di Israele di essere antisemiti partecipano spesso essi stessi, come il governo e lo Stato d’Israele, a queste forme di razzismo.

La Shoah è stato uno degli avvenimenti più orribili della storia contemporanea. E’ rendere disonore alle sue vittime utilizzare la sua memoria come un manganello per ridurre al silenzio quelli e quelle che criticano a giusto titolo il trattamento inqualificabile dei Palestinesi da parte di Israele.


Primi firmatari: Michael Albert, ZNet, USA; Phyllis Bennis, Institute for Policy Studies, USA; Ellen Cantarow, scrittrice, USA; Noam Chomsky, professore emerito MIT, USA; Lawrence Davidson, West Chester University, USA; Louis Kampf, professore emerito MIT, USA; Joanne Landy, Campaign for Peace & Democracy, USA; Marvin Mandell, co-editore, New Politics, USA; Stephen R. Shalom, William Paterson University, USA; Stephen Soldz, co-fondatore, Coalition for an Ethical Psychology, USA; Howard Zinn, professore emerito Boston University, USA.

(Le istituzioni sono menzionate unicamente a fini di identificazione)

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