Oggi ricorre il secondo anniversario dell'assassinio di Anna Politkovskaja uccisa a Mosca nell'ascensore della sua casa per mano di sicari crudeli che hanno chiuso la bocca a una giornalista coraggiosa che osava chiamare Putin "bandito" e diceva la verità sulla Cecenia, sull'estrema violenza di questa guerra, sulla sorte dei giovani che sono andati a combatterla e della popolazione che l'ha subita e dei giovani che sono andati a combatterla con il mito della grande patria russa. E' stato l'ultimo atto di una lunga serie di minacce e tentativi di uccisione che Anna aveva subito negli anni. Ma la sua idea di giornalismo era alta: cercava di raccontare con onestà quello che vedeva, scriveva pensando che i diritti umani siano un valore assoluto, da difendere sempre anche in Cecenia che lei definiva "un inferno sulla terra".
Da "il disonore russo" di A. Politkovskaja
"Le guerre finiscono precisamente quando i nostri sentimenti di odio cedono il passo...altrimenti, come tanti condannati a morte aspettiamo il nostro turno, perché abbiamo affidato il nostro paese a persone che non hanno paura di starminare i propri simili, innocenti. Non si tratta della guerra senza quartioere contro il "terrorismo internazionale" dove i "dettagli" non contano. Si tratta di capire quello che è successo a NOI. E' di noi che si tratta. Della bestialità che ha invaso i nostri cuori. E dal cuore di questa Cecenia "pacificata" ho voglia di gridare:SOS!"
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