Da Amnesty International - 03/11/2008
Contrariamente a quanto riferito da precedenti resoconti di stampa, la ragazza giudicata "colpevole" di adulterio e lapidata a morte la scorsa settimana in Somalia aveva 13 e non 23 anni.
Aisha Ibrahim Duhulow è stata uccisa lunedì 27 ottobre da un gruppo di 50 uomini che l'ha lapidata a morte. L'esecuzione è avvenuta all'interno di uno stadio della città meridionale di Chisimaio, di fronte a un migliaio di spettatori. Alcuni dei giornalisti locali, che avevano parlato di una donna di 23 anni, hanno raccontato ad Amnesty International di essere stati tratti in inganno dall'aspetto fisico della ragazza.
Aisha Ibrahim Duhulow era arrivata a Chisimaio tre mesi fa, proveniente dal campo profughi di Hagardeer, in Kenya. Nella città portuale somala, Aisha Ibrahim Duhulow era stata stuprata da tre uomini e si era rivolta ai miliziani di "al Shabab", che controllano la zona, per ottenere giustizia. La sua denuncia aveva ottenuto come risultato l'arresto, l'accusa di adulterio e la lapidazione. Nessuno dei tre stupratori è stato arrestato.
Un uomo, che si è qualificato come lo sceicco Hayakalah, ha dichiarato a Radio Shabelle, un'emittente somala: "Lei stessa ha fornito le prove, ha confessato ufficialmente la sua colpevolezza e ci ha detto che era contenta di andare incontro alla punizione della legge islamica".
Secondo i testimoni oculari raggiunti da Amnesty International, invece, Aisha Ibrahim Duhulow ha lottato contro i suoi carnefici ed è stata trascinata a forza nello stadio. Qui la ragazza è stata interrata e i 50 uomini addetti all'esecuzione hanno iniziato a colpirla, usando le pietre appena scaricate da un camion. A un certo punto, è stato chiesto ad alcune infermiere di verificare se la ragazza fosse ancora viva; fatto ciò, la lapidazione è ripresa fino alla morte della ragazza.
"Questa ragazza è andata incontro a una morte orribile, ordinata dai gruppi armati di opposizione che controllano Chisimaio: un altro degli oltraggi ai diritti umani perpetrato dai protagonisti del conflitto somalo, che dimostra ancora una volta l'importanza che la comunità internazionale agisca, attraverso una Commissione internazionale d'inchiesta" - ha dichiarato Amnesty International.
Contrariamente a quanto riferito da precedenti resoconti di stampa, la ragazza giudicata "colpevole" di adulterio e lapidata a morte la scorsa settimana in Somalia aveva 13 e non 23 anni.
Aisha Ibrahim Duhulow è stata uccisa lunedì 27 ottobre da un gruppo di 50 uomini che l'ha lapidata a morte. L'esecuzione è avvenuta all'interno di uno stadio della città meridionale di Chisimaio, di fronte a un migliaio di spettatori. Alcuni dei giornalisti locali, che avevano parlato di una donna di 23 anni, hanno raccontato ad Amnesty International di essere stati tratti in inganno dall'aspetto fisico della ragazza.
Aisha Ibrahim Duhulow era arrivata a Chisimaio tre mesi fa, proveniente dal campo profughi di Hagardeer, in Kenya. Nella città portuale somala, Aisha Ibrahim Duhulow era stata stuprata da tre uomini e si era rivolta ai miliziani di "al Shabab", che controllano la zona, per ottenere giustizia. La sua denuncia aveva ottenuto come risultato l'arresto, l'accusa di adulterio e la lapidazione. Nessuno dei tre stupratori è stato arrestato.
Un uomo, che si è qualificato come lo sceicco Hayakalah, ha dichiarato a Radio Shabelle, un'emittente somala: "Lei stessa ha fornito le prove, ha confessato ufficialmente la sua colpevolezza e ci ha detto che era contenta di andare incontro alla punizione della legge islamica".
Secondo i testimoni oculari raggiunti da Amnesty International, invece, Aisha Ibrahim Duhulow ha lottato contro i suoi carnefici ed è stata trascinata a forza nello stadio. Qui la ragazza è stata interrata e i 50 uomini addetti all'esecuzione hanno iniziato a colpirla, usando le pietre appena scaricate da un camion. A un certo punto, è stato chiesto ad alcune infermiere di verificare se la ragazza fosse ancora viva; fatto ciò, la lapidazione è ripresa fino alla morte della ragazza.
"Questa ragazza è andata incontro a una morte orribile, ordinata dai gruppi armati di opposizione che controllano Chisimaio: un altro degli oltraggi ai diritti umani perpetrato dai protagonisti del conflitto somalo, che dimostra ancora una volta l'importanza che la comunità internazionale agisca, attraverso una Commissione internazionale d'inchiesta" - ha dichiarato Amnesty International.
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